Autunno che ingiallisce le foglie e riporta in cammino. Cercando le giuste parole per riprendere da qui ...


panorama
Sono trascorsi  anni dall'ultimo post su questa pagina. Anni in cui non ho mai smesso di leggere, scrivere, recensire. L'ho fatto principalmente per la grande famiglia per cui collaboro da anni (Critica Letteraria), molto prima che questo blog nascesse.

Perché tornare qui, allora? Perché mi piace avere ancora uno spazio in cui tenere in fila i miei pensieri e raccontare delle mie letture, dei miei progetti e dei miei viaggi. Per dirmi e dire a chi mi segue che ci sono. Per ribadire, soprattutto a me stessa, che la passione di un tempo è immutata, seppur tra mille impegni legati alla scuola, che assorbe gran parte del tempo, come è giusto che sia. Prima però voglio raccontarvi chi ero e come siamo arrivati qui.

Di recente ho provato a cimentarmi in qualcosa di nuovo, che poi nuovo non è, ho tenuto dei corsi di formazione sullo Storytelling, sul Videotelling e sui Podcast, che realizzo spesso con i miei alunni. È stato bello poter condividere qualcosa di quello che ero nella mia vita di oggi. Ho davvero nostalgia dei tempi in cui scrivevo appassionatamente dalle pagine del quotidiano "La Sicilia", storie di uomini e donne che meritano spazio e una voce, così come ho nostalgia della ricerca, quando dalle aule della Facoltà di Lettere di Catania, nel meraviglioso Monastero dei Benedettini, mi dilettavo a cercare spunti nuovi sui testi di Leonardo Sciascia, inventandomi una vita che poi non è stata, sognando che dopo il Dottorato sarei rimasta all'Università. 

Nello stesso tempo seguivo le orme del mio maestro letterario e cercavo la verità tra le storie delle vittime di usura e di racket, grazie ad una donna che ha avuto sempre fiducia in me, Gabriella Guerini, che mi ha voluta a capo dell'ufficio stampa dell'Asae (Associazione antiracket etneo) e che è scomparsa nel 2020, lasciando un vuoto incolmabile nel territorio etneo e in tutta Italia.

Convegno su Sciascia con Pannella
Che ne è stato di tutto quell'impegno e di tutte quelle storie? Sono rimaste dentro di me e sono diventate altro da me. Perché come spesso succede, non basta il coraggio, l'impegno e la passione. All'Università le logiche di potere non mi appartenevano e ne sono rimasta tagliata fuori, del resto non mi sono mai appartenute in nessun luogo, figuriamoci negli studi. Ho sempre fatto tutto da sola e non ho ceduto mai a nessun compromesso, anche nel lavoro che avevo scelto, il Giornalismo




articolo sulla Sicilia

Ho avuto sempre la stima dei miei colleghi e a qualcuno di loro devo tanto, soprattutto la possibilità di scrivere e collaborare. Ho sempre scritto mossa dal desiderio di giustizia e di verità, soprattutto quando ho deciso che la mia strada erano gli Esteri, complice anche un contratto mai arrivato in redazione, a parte quelli di sostituzione estiva. Così ho cercato da freelance di raccontare tutto ciò che potevo, ma quando diventa più facile superare un master, farsi dei contatti ed arrivare in Afghanistan (dalla cui visita ho comunque tratto un libro di cui vado fiera), piuttosto che trovare un giornale disposto a pagare il giusto, per pubblicare il frutto del tuo lavoro, ti rendi conto che qualcosa non funziona.

Poi, un giorno qualunque di un ottobre del 2013, arriva un contatto, parti per Lampedusa a raccontare storie tragiche e lo fai con la consapevolezza che è stato un mito del giornalismo a chiedertelo. Sei lontana dalla tua terra ormai da qualche anno, ci credi, sai che puoi raccontare e dare voce, a chi non ce l'ha, ancora una volta. Prendi un aereo, trovi il modo di entrare in luoghi in cui servono le tue conoscenze (grazie ad un Master che hai frequentato a Roma, che porta il nome di una giornalista tanto ammirata, Maria Grazia Cutuli). Arrivi in aereo e sai già che lavorerai non solo per te ma anche per far spazio ad una telecamera; assisti ad uno sbarco, fai ore ed ore di girato, intervisti, indaghi, chiedi, scrivi. 


Il tuo lavoro si fa notare, anche le televisioni di oltreoceano ti chiedono un contributo, scrivi e lavori per dieci giorni, pagandoti tutto di tasca tua. Poi riesci ad ottenere un passaggio sulla nave della Marina che in quel momento pattuglia il Canale di Sicilia, ma hanno solo un posto. Prendi una decisione ovvia, mandi il cameraman; vi ritroverete poi a Milano per sistemare il girato e  le ultime cose. 

sbarco a Lampedusa
Riparti e aspetti ogni giorno quella chiamata, un cenno, una mail da chi ti aveva commissionato il lavoro. La tua speranza è lì, non è solo la tua, è quella delle persone che ti hanno raccontato la loro vita. Poi arriva un messaggio in chat, sono trascorsi 15 giorni e qualcosa non ti convince. Nel messaggio c'è scritto di guardare la trasmissione quella sera in tv. Lo sai già cosa è successo, ma non vuoi crederci. Il tuo girato è stato utilizzato, le tue storie anche, la tua voce è stata sostituita. Il grande mito del giornalismo ... eccolo lì, con le tue idee e nessun timore di usarle, del resto, come ti diranno all'Ordine che continui a pagare ogni anno, lui è lui e tu non sei nessuno.

Non ho mai preteso di essere qualcuno, ma ho voluto sempre che le storie di chi si fidava di me trovassero una voce, uno spazio. e così ricomincia la giostra, scrivo per giornali online, mi occupo di altro, cerco contatti e a volte li trovo. Il tempo passa e la mia diventa solo una passione, mentre cerco già il mio futuro a scuola, per non perdermi del tutto.

E così oggi sono qui, insegno e amo farlo, coniugo ogni tanto la mia antica e prima passione con il mio lavoro tra i banchi di scuola, e metto al servizio dei libri e delle recensioni il mio dottorato di ricerca in Italianistica, la mia fede nella Critica Letteraria e la mia strada giornalistica. 

Tutto ciò per dirvi che fuori cadono le foglie, perché in provincia di Cuneo l'autunno lascia il posto all'inverno e che ho ancora voglia di scrivere. Spero che ci sia chi ha voglia di restare qui a leggermi, come un tempo, oltre che su Critica Letteraria, casa mia ormai da un decennio, anche su questo luogo così personale, piccolo ma tutto mio. 

"Una stanza tutta per me", come scriveva qualcuno più importante di me, che ha dovuto cercare la strada, come facciamo tutte, senza arrendersi mai.

Samantha Viva


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