17 mag 2017

In attesa del #SalTo30 torniamo a Tempo di Libri





 La vicenda. In principio fu la polemica. L’annuncio delle dimissioni di Federico Motta, presidente dell’Aie (Associazione Italiana Editori), dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, che controlla e amministra il Salone del Libro torinese, aveva già fatto presagire aria di cambiamenti nel febbraio dell’anno scorso. Da lì, tra colpi di scena estivi, in cui nasceva l’ipotesi di un evento da realizzare a Milano, appoggiato da 17 delegati Aie su 32 presenti alla riunione, alla rivolta per la decisione presa in solitaria, fomentata dal resto degli editori - che scelgono di fatto di uscire dall’Aie e di organizzarsi da soli il proprio storico Salone, tradizionalmente affidato a Torino - tutta una serie di passaggi hanno portato alla nascita di due saloni del libro, uno tutto milanese e uno da sempre torinese. 

Tempo di Libri vede così la sua nascita nei luoghi di Fiera Milano Rho e in molti spinti dalla curiosità ci rechiamo a visitare questa sua prima edizione, svoltasi dal 19 al 23 aprile. Il primo impatto, proseguendo verso la Fiera, è l’assoluto senso di straniamento che coglie chi sta andando a vedere un evento così importante e non trova nemmeno un’indicazione lungo il tragitto interno che dalla stazione porta ai padiglioni, e peraltro i milanesi non ti sono molto d’aiuto (molti mi confesseranno anche dentro di non aver mai visto il Salone del libro di Torino e non sapere che ce ne fosse uno lì). Milano sembra sonnecchiare ancora, poche persone in giro - ma ci spiegano che le date sono quelle del lungo ponte che la città aspettava per tirare il fiato e andare in vacanza - ma dopo l’ultimo scalino eccoli lì, due cartelli e una freccia, a indicarmi Pad. 2 e 4. 

Differenze ed analogie. Entrando fila e biglietteria sono in un’unica hall, e questo porta a confluire tutti lì, addetti, stampa, visitatori, scuole...ma si scorre in fretta. Eppure è Sabato, sono le 10.30, sono tra le prime ad entrare. Impressioni? Mi trovo davanti ad un déjà-vu; spazi, disposizione, stand, quasi identici al salone torinese, un salone però fatto solo dai grandi editori - alcuni si vocifera stiano prenotando in exstremis un posto anche a Torino - e alcuni piccolissimi - che non è vero che hanno tutti scelto Torino, ma sono relegati qui in angoli che dopo un primo giro non ritroverai mai più, non aiutato dalla cartina e dal suo cervellotico ordine non numerico né alfabetico -, manca quello per cui vale la pena andare ad un salone e non in libreria, la media editoria, la nicchia. Individuo la Sala Stampa, spazio comodo e accogliente (qualche ora dopo però diventa subito superaffollata e quindi si capisce che è un po’ piccola, ma in compenso contiene anche un mini rinfresco che ai giornalisti non dispiace mai, e la possibilità di intervistare al suo interno gli scrittori). Gli eventi sono ripartiti nelle sale che prendono i nomi storici della tipografia: Arial, Bodoni, Calibri, Cambria, Courirer, etc e tra i vari incontri si alternano alcuni grandi nomi della letteratura contemporanea internazionale e i più rappresentativi del panorama nazionale, sia nella narrativa che nella saggistica. 

Il bilancio. Qualche giorno dopo rifletterò sull’articolo di Francesco Piccolo che parla di questi scrittori invitati ai festival come di una grande compagnia di giro, presenzialista e un po’ autoreferenziale, e come dargli torto...per il momento però quello che noto, al di là dei numeri finali - 60.796 presenze in Fiera, cui se ne aggiungono 12.133 nelle 100 sedi del Fuori Fiera - scarsi, rispetto ai 130mila di Torino, è la mancanza di innovazione, di spunti nuovi, di idee (il brivido della puntualità e di incontri a cui puoi assistere senza restare fuori non è sufficiente), la sensazione insomma che Milano abbia perso un’occasione, quella di essere se stessa. In attesa di vedere come risponderà Torino e se sarà in grado di cogliere un’opportunità da uno sdoppiamento, forse un po’ programmatico già nel tema “Oltre il confine”, l’appuntamento è dal 18 al 22 maggio al Lingotto Fiere, per vedere se la fenice risorgerà con Lagioia - direttore editoriale da ottobre 2016, dopo Ernesto Ferrero - dalle sue ceneri.

(estratto da un articolo pubblicato sulla Fedeltà, settimanale della provincia di Cuneo, il 3 maggio 2017)






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